lunedì 16 settembre 2013

Infame

Questa malattia infame. Che ti prende vigliaccamente alle spalle quando tu sei intento a vivere la tua vita. Che ti impedisce di fare programmi. Che ti stanca e ti sfiacca.
Questa malattia che non ha mai chiesto permesso per entrare e me la sono ritrovata in casa come una ladra. Questa malattia che ti ruba la vita senza che nemmeno tu te ne accorga.
Ti stanca talmente tanto che le giornate passano inermi e i giorni si fanno mesi, senza che tu ne venga a capo.
E ogni volta che torna è un incubo. Come se fosse l'ultima. E della tua vita rimane poco. Speranze, desideri, sogni nel cassetto.
Ti sorprendi a sognare una vita normale, come quella di tanti altri: un lavoro, le uscite con gli amici, le risate, un figlio, il lavoro.
Ed invece ti ritrovi al letto, impossibilitato a lavorare. Con gli amici che oramai non ti chiamano nemmeno più. E soprattutto stai male. Nel fisico, nell'anima e nel cuore. Privato della tua vita normale. Privato di speranze e sogni.
Stanco, affaticato, con il mondo che si allontana da te... e tu da lui. E tu solo, con tutti i tuoi sintomi che nessuno riesce a decifrare, con la tua malattia che nessuno riesce a decifrare. Solo, con lo spettro che, oltretutto pensino che la tua sia solo paura di vivere.
Eh sì, ce l'hai paura di vivere. Ma non come credono loro. Hai paura che questa malattia diventi talmente tanto insopportabile da non farti più alzare dal letto, che ti impedisca di mangiare, di muoverti e di respirare. Questa è la tua paura. Che ti impedisca di vivere. Che giorno dopo giorno ti spenga un pò. E che nessuno abbia capito cosa è in tempo per salvarti. Tante parole, tante diagnosi diverse e nessuna diagnosi reale. Lo spettro di una lesione spinale che fa come le pare, legata ad un virus ipotetico che nessuno riuscirà mai a definire e trovare e le forze che se ne vanno. Questo il mio spettro, ora.
Forse vorrei solo che un medico mi ascoltasse. Per la prima volta attentamente. E che non guardasse come uno spettro la mia risonanza e le mie analisi del sangue, ma che iniziasse a ricercare, là dove non capisse. Che chiedesse, si confrontasse. Non mi abbandonasse solo a me stesso, come tanti prima di lui. Solo con la mia infame malattia.